Arte e architettura
Progettata in stile neogotico dall’ingegner Francesco Gualandi di Bologna, la Basilica, interamente scolpita in pietra locale, è un inno a Maria e al Molise. La prima pietra venne posta il 28 settembre 1890. Ha una pianta di tipo radiale, con sette cappelle laterali, e si sviluppa su una superficie di circa 2.800 metri quadrati. La parte centrale simboleggia il cuore di Maria, mentre le cappelle laterali le sette spade, a ricordo dei suoi sette dolori. La cupola ha un’altezza di 52 metri e la sua imponenza attira verso l’alto lo sguardo del pellegrino.
Tale disposizione planimetrica è d’immediata lettura, se si osserva la volumetria dell’intero complesso architettonico: dall’alto corpo centrale, sovrastato dalla cupola, si dispongono a raggiera i bracci più bassi delle cappelle. Incastonati tra le svettanti torri campanarie, che racchiudono la facciata tripartita dai pilastri, sormontati dai caratteristici gigli, spiccano i tre portali ricamati di mosaici nelle lunette e di rosoni lobati sui quali campeggiano i pinnacoli.
È un intarsio di pietre, che riporta alle arti antiche dei molisani, alla metafora della mano esperta che tesse il tombolo. Tutto l’ornato della facciata è opera di artisti della pietra locali, dei fratelli Chiocchio di Oratino e dei fratelli Pasquini di Pietrasanta.
MAPPA INTERATTIVA
Mappa Interattiva
Trono e Simulacro della Madonna Addolorata
Il trono, progettato in stile gotico da Francesco Gualandi, nipote del primo progettista, è in marmi rari e preziosi. Fu realizzato e posto in opera nel 1963 . È un inno di grazia e di bellezza che incornicia, mettendolo in risalto, la statua. La Madonna è rappresentata così come apparve alle due contadine: semi inginocchiata, con il Figlio morto ai piedi, le braccia allargate e lo sguardo rivolto verso l’alto in atto di offerta. Il 19 marzo 1995, in occasione della sua visita, san Giovanni Paolo II donò alla Vergine Addolorata di Castelpetroso una corona bianca che la Madonna custodisce nella mano.
Tomba Monsignor Alberto Carinci
All’interno della basilica, sotto il trono della Vergine Addolorata, riposa, in un sarcofago in marmo, Monsignor Alberto Carinci (1899-1983). Fu chiamato “il vescovo della Madonna” poiché, sulla fine degli anni ’40, dopo anni d’indifferenza, riprese in mano le sorti del santuario, portandone a termine la costruzione fino alla sua consacrazione.
Mosaici e Cupola
L’imponenza della cupola (alta 54 metri e con un diametro di 17 metri) rapisce lo sguardo del pellegrino, innalzandolo alla contemplazione della maestosità architettonica. Alla base sono collocati quarantotto mosaici raffiguranti i santi più venerati nelle chiese dell'Arcidiocesi. Le icone furono realizzate grazie al contributo dei vari paesi che si impegnarono direttamente per la realizzazione del mosaico dedicato al proprio santo patrono. Altri furono realizzati a spese di devoti benefattori. Sotto di essi furono collocati altri sedici mosaici raffiguranti apostoli, papi e profeti. I capolavori furono realizzati tra il 1965 e il 1972.
Ambone
Altare Maggiore
L’altare maggiore è largo 4 metri, alto 2 metri e lungo 2,90 metri. I gradini sono di marmo botticino, la base di bronzetto, le colonnine che reggono la mensa sono di rosso di Francia, con i capitelli di botticino. Il paliotto sotto la mensa è di onice rosso del Marocco con giallo di Siena e verde di Svezia.L’altare fu realizzato e posto in opera dalla ditta Campardelli di Bologna nel 1961. Al suo interno furono incluse, durante la consacrazione del santuario nel 1975, le reliquie dei santi Paciano vescovo, Pelino e Simplicio.
Organo a canne Ruffatti
Volgendo lo sguardo verso la cantoria, spiccano le numerose canne dell’imponente organo realizzato nel 1990 dai fratelli Ruffatti di Padova. L’organo possiede 2 manuali, 26 registri, 1.778 canne, con una pedaliera concava radiale da 32 note. I materiali utilizzati per la sua fabbricazione sono qualitativamente degni di nota, in quanto per le canne del primo manuale è stata impiegata una lega al 75% di stagno che ne rende il suono particolarmente armonico. Le ance (tromba e oboe) dei manuali sono al 50% di stagno. Per la basseria (registri al pedale) è stato utilizzato il mogano, per il contrabbasso l’abete, per il subbasso, bordone e bombarda, una lega al 75% di stagno per il basso, l’ottava e il clarone. Dal materiale impiegato si deduce il valore dello strumento e, poiché quasi tutti gli organi presenti sul territorio sono in lega di piombo (che ha un costo minore rispetto allo stagno e al rame), possiamo considerare l’organo del santuario un unicum in Molise per la qualità del suono.
Lo storico organo Ruffatti è stato restaurato nel 2017. Il lavoro ha interessato principalmente la ripulitura delle canne, della struttura interna e della parte meccanica. Tra le migliorie apportate vi è stata anche la sostituzione di pezzi rotti o usurati, che ha ridonato all’antico strumento il prestigio e la bellezza originarie. A completamento dei lavori, tutti hanno potuto apprezzarne la bellezza grazie alla sapiente bravura del maestro Filippo Sorcinelli, che il 25 giugno ha tenuto il concerto inaugurale. Il restauro dell’organo ha dato il via anche alla risistemazione della cantoria, che è stata ritinteggiata e dotata di un impianto di amplificazione per il coro.
Reliquia San Gabriele dell'Addolorata
Nella cappella minore del settimo dolore, in un artistico reliquiario, è conservato un dente di san Gabriele dell’Addolorata, traslato il 29 ottobre 1994 dal santuario dell’Isola del Gran Sasso (TE) e donato al santuario di Castelpetroso.
Reliquia San Giovanni PoaLo II
In un artistico reliquiario in bronzo, opera della Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone, è custodito un frammento di sangue del santo papa polacco, Giovanni Paolo II.
Cappella I Dolore
Il primo dolore raffigura “La presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme” (1973). L’incontro avviene in primo piano, con il tempio in prospettiva centrale sullo sfondo. Mentre la Vergine con espressione pensosa offre il figlio, Simeone lo prende, visibilmente commosso, e nello stesso momento pare che preannunci le sofferenze, la passione e la morte in croce. Questo annuncio provoca l’acerbo dolore espresso dal volto di Maria. A sinistra la profetessa Anna con le mani aperte in avanti riconosce nel Bambino il “Messia”.A destra è raffigurato S. Giuseppe, che porta in una gabbia, per il riscatto del primogenito, due colombe che, secondo la tradizione, costituivano l’offerta dei poveri. Questo quadro reca la data 1973.
Cappella II Dolore
Nel secondo dolore di Maria Vergine, “La fuga in Egitto e la strage degli Innocenti” (1973). In alto vi è la scena della strage degli Innocenti con Erode al centro che assiste alla scena delle madri disperate le quali difendono i figlioletti strappati dalle loro braccia con brutalità. L’artista pone sulle teste dei bambini innocenti, come segno di santità e di martirio, le aureole. Questa scena si svolge entro una successione di fasci concentrici che danno l’idea dell’eco storica nel tempo. In basso vi è la fuga in Egitto con un angelo che guida il cammino di S. Giuseppe. Il senso dell’angoscia e della speranza di salvare il figlio si legge non solo nel volto della Vergine, ma anche nel gesto di tenere la mano sulla testa del Bambino in segno di protezione.
Cappella III Dolore
Nel terzo dolore troviamo “Lo smarrimento di Gesù”. In occasione della Pasqua, Maria nel condurre per la prima volta al tempio di Gerusalemme il figlio lo smarrì tra la folla. Dopo un’affannosa ricerca durata tre giorni riuscì a ritrovarlo insieme a Giuseppe. In questo episodio si vede l’Eterno Padre al centro in alto con le braccia aperte in segno di protezione e circondato da una forte luce; il Cristo dodicenne è seduto tra i dottori con l’indice rivolto verso il Padre. In primo piano la Vergine, provata dall’angoscia e dal dolore, sale i gradini del tempio, mentre S. Giuseppe ha l’indice rivolto verso il figlio.
Cappella IV Dolore
Nel quarto dolore “Maria incontra il figlio Gesù sulla via del Calvario” (1974). Qui si vede Cristo che sale faticosamente il Calvario a piedi nudi e incontra la Madre che lo guarda negli occhi con intenso dolore, mentre i soldati, con espressioni truci, lo spingono in avanti. Lungo la salita precedono i ladroni; lateralmente fanno ala alcune persone che volgono lo sguardo costernato verso il Cristo e la Madre. Alla sommità del colle i cipressi e l’atmosfera dai colori violacei, conferiscono alla scena un senso di mestizia evidenziata anche dagli atteggiamenti dei personaggi. Questa scena si articola lungo una linea ellissoidale: il tormento è nella storia ed i personaggi sembrano compiere il loro rito con una compostezza attestata perfino nella cura degli abiti.
Cappella V Dolore
Nel quinto dolore “Maria assiste alla crocifissione del figlio Gesù”. L’atmosfera plumbea di questa scena preannunzia la morte. In basso, tre soldati romani, accovacciati, sono intenti a giocarsi la tunica di Gesù con il bussolotto. Il Cristo è rivolto verso la Vergine nel momento in cui esclama: «Donna, ecco tuo figlio... figlio ecco tua madre». I due ladroni posti di scorcio guardano verso il Cristo. In profondità si intravede la città di Gerusalemme; la Madonna, sostenuta da Giovanni, ha una forte espressività che si accompagna al movimento delle mani aperte come in segno di resa alla volontà superiore.
Cappella VII Dolore
Nel settimo dolore “Maria depone Gesù morto nel sepolcro”. Fanno da sfondo una croce al centro e quelle dei ladroni, ai lati, che si stagliano su un cielo dai colori rarefatti. Il corpo di Cristo è portato su un lenzuolo nel sepolcro, mentre la Madre si piega verso il figlio per l’ultimo pietoso saluto. Le figure intorno partecipano al dolore. L’artista ha saputo riprodurre il dramma non solo attraverso le varie espressioni dei volti e nei gesti, ma anche nella ricca gamma di toni grigi e ocra.